C’è una prova molto semplice per
vedere se una lettera è bella.
Se leggendola ci sembra di sentir parlare
chi l’ha scritta, vuol dire che è bella.
- Arthur Christopher Benson -
Un tempo la maggior parte delle persone aveva una scatola dove venivano conservate lettere, cartoline, biglietti, fotografie e piccoli disegni, una vera e propria scatola dei ricordi. Oggi la nostra scatola, il nostro contenitore sono principalmente il computer, il tablet o il telefono. Lì raccogliamo ciò che per noi è importante ed è lì che scriviamo qualcosa quando ci viene in mente. Ci sono però quei messaggi, quelle lettere o e-mail rimaste senza un destinatario. Magari in quel momento non abbiamo avuto il coraggio di mandarle, lasciando lì quanto scritto per inviarle un “domani”, che alla fine non arriva mai. Ci sono lettere che scriviamo in preda alla rabbia, altre quando la tristezza è talmente grande che non bastano le lacrime per tirare fuori tutto ciò che sentiamo, e allora ci aiutano le parole; ci sono lettere d’amore, lettere di scuse, lettere di ricordi felici, di desideri mai espressi che confessiamo a noi stessi. Ci sono le lettere che ci dedichiamo, che parlano di noi.
La scrittura ci permette di dialogare con la nostra voce interiore, di fermare in qualche modo pezzi sparsi di noi stessi: è libera espressione di ciò che siamo. Scrivendo possiamo provare a mettere in ordine il nostro caos, i pezzi scintillanti e oscuri che ci caratterizzano, le nostre peculiarità. Scrivere è terapeutico, aiuta a pensare, a togliersi dei pesi, a mettere al di fuori di noi quello che siamo per poi poterlo osservare meglio, a raccontare eventi che non vogliamo ricordare ma che con il tempo sono diventati insopportabili, segreti che vogliamo tenere all’oscuro. Si può scrivere di amori mai nati, di relazioni mai finite, di legami d’amore felici che vorremmo ringraziare per il “solo” fatto di esserci starci sempre accanto o ai quali non abbiamo mai detto qualcosa e vorremmo farlo adesso. Si può parlare all’amore che vorremmo, che ancora non abbiamo incontrato, per raccontarci; o all'amore che c'è.
In alcuni momenti della vita dei nostri pazienti proponiamo di scrivere una lettera; sia che la persona stia attraversando un momento di transito, di cambiamento positivo o negativo, sia che voglia parlare di un evento, un ricordo, una persona, ma non riesce a farlo a voce. Questa modalità l’abbiamo utilizzata nel tempo non solo con i pazienti nelle sedute individuali ma anche nei gruppi, dove ciò che ognuno scriveva veniva condiviso anche con gli altri. Aiuta a sentirsi meno soli rispetto a ciò che proviamo o viviamo oltre a permettere, in alcuni casi, di dare espressione attraverso la scrittura a pensieri ed emozioni relative a situazioni emotivamente forti sia dolorose o traumatiche che felici.
A tutti noi è capitato di pensare almeno una volta nella nostra vita: “E se avessi detto quello che pensavo/sentivo, cosa sarebbe successo?”, “E se era il momento sbagliato?”, “E se quella cosa non fosse mai successa, come sarebbe stato il mio presente e il mio futuro?”, “E se non avessi aspettato?”, “E se ti incontrassi adesso cosa vorrei dirti?”, “Se ti potessi parlare, quali parole mi uscirebbero?, “Se il mio desiderio avesse una forma, fosse una persona, un evento o una situazione, cosa sarebbe?”, “E se mi guardassi con gli occhi di oggi, in quel determinato giorno, cosa vedrei e cosa direi?”, e così via. I nostri “E se…”, le nostre parole non espresse sono sempre lì e a volte esprimerle può aiutare ad andare oltre, ad andare avanti, a dare un significato a ciò che abbiamo dentro. A trovare delle risposte alle nostre domande.
Ci inviate sempre tante e-mail, alle quali rispondiamo a tutte con attenzione. La fiducia che ci date attraverso il raccontarvi ci emoziona sempre e ogni volta ci mettiamo tutto il nostro impegno per dare degli spunti di riflessione o trasmettere il messaggio che possiamo essere un posto sicuro per chi ne sente il bisogno, in modo analogo a come facciamo ogni giorno con i nostri pazienti. Per noi è davvero importante.
Per questo abbiamo pensato di creare un Format, una sorta di rubrica che abbiamo chiamato “La buc@ delle lettere”, dove i protagonisti sarete voi.
Come funziona?
Noi saremo la vostra buca delle lettere, un tramite per voi, e raccoglieremo le vostre lettere che potete mandarci via e-mail (lacoppiaperlacoppia@gmail.com) specificando come oggetto il nome del Format (“La buc@ delle lettere”).
Condivideremo le vostre lettere in forma anonima sul nostro blog in una sezione specifica, dedicando ad ogni lettera una risposta, fornendo dei contenuti che possono essere utili non solo per l'autore della lettera ma anche per chi la leggerà e probabilmente si riconoscerà nelle parole scritte da altri.
Risponderemo alle lettere nel tempo (abbiate pazienza :), e questo non toglierà comunque la possibilità di scriverci privatamente come avete fatto fino ad ora.
Se riceveremo più lettere con un tema simile proveremo a rispondere in un unico articolo del blog, per evitare ripetizioni rispetto a temi già affrontati.
Il destinatario è libero, non ci sono regole, eccetto una: essere sinceri senza pensare a come si scrive, ma dando voce a quel pezzo di carta o a quella pagina Word.
Ognuno ha la sua storia, ognuno ha il suo percorso, ognuno di noi può permettersi di dare voce a ciò che sente.
Come al solito ci teniamo a specificare che, seppur psicologi, ciò che proponiamo in questo contesto non ha fini terapeutici né può essere considerato come sostitutivo di un percorso psicologico.
Forniamo solo ed esclusivamente possibili spunti di riflessione e condivisione.
Comments